Inchiesta Ato4, decise 2 condanne. Cinque le assoluzioni
Due convenzioni per lo smaltimento rifiuti con altrettante ditte, che secondo l’accusa erano “fuorilegge”. Un ammanco cospicuo dalle casse. E pure un sedicente mediatore che riceveva un compenso per il suo presunto interessamento. C’era tutto questo nel processo che riguardava la gestione dell’Ato Me4, l’ente regionale con sede a Giardini Naxos che ha gestito la raccolta dei rifiuti lungo la zona ionica, per fatti avvenuti tra il 2011 e il 2017. Ieri il procedimento davanti alla sezione penale presieduta dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi è giunto alla conclusione, visto che ha registrato due condanne e cinque assoluzioni.
Erano coinvolti (le qualifiche sono riferite ovviamente all’epoca dei fatti) il commissario straordinario Ettore Ragusa, i commissari liquidatori Leonardo Racco, Francesco Bondì e Alessandro Di Tommaso, per i due casi di abuso d’ufficio; la dipendente Loretta Sanfilippo per il caso di peculato; e infine il presunto “mediatore” Agatino Rosario Vinci per il caso di millantato credito.
La sentenza. I giudici hanno inflitto 5 anni di reclusione alla Sanfilippo, con l’interdizione dai pubblici uffici e a contrattare con la pubblica amministrazione, oltre alla confisca di oltre 71 mila euro, e 2 anni a Vinci. Mentre Bondì, Di Tommaso, Racco, Ragusa e Vallone sono stati assolti con la formula “perché il fatto non sussiste”. Infine i giudici hanno deciso la trasmissione degli atti al pm per Vallone, in relazione al capo A delle accuse.
Il collegio di difesa è stato composto dagli avvocati Danilo Santoro, Giovanni Randazzo, Nicoletta Milicia, Carlo Autru Ryolo, Rina Frisenda e Giovanni Mannuccia.
Per i vertici gestionali dell’epoca l’abuso d’ufficio riguardava una serie di convenzioni per lo smaltimento rifiuti stipulate con le imprese Eco Beach srl, dell’importo di 688mila euro, e Waste Green srl, per 46mila euro, che secondo l’accusa sarebbero state siglate senza lo svolgimento di una gara pubblica e senza adottare alcun criterio di rotazione nella scelta delle ditte.
Per la Sanfilippo l’accusa era peculato perché si sarebbe appropriata tra il 2011 e il 2014 di 71mila euro «sottraendoli dai conti correnti di cui essa aveva la disponibilità per ragioni del suo ufficio», denaro che sarebbe finito con una serie di bonifici nel suo conto personale in una filiale bancaria di Gaggi. Infine il millantato credito contestato a Vinci derivava dal pagamento di mille euro effettuato in suo favore dal direttore generale Vallone «come prezzo della propria millantata mediazione verso i pubblici ufficiali o impiegati».