La Lega: «Come può Saitta continuare a fare il prorettore?»
Il prof. Antonio Saitta è tra i legali che assistono le famiglie di cittadini le cui abitazioni ricadono nelle aree oggetto di esproprio per la realizzazione del Ponte. Ed è l’autore del ricorso contro la legge Calderoli, sull’autonomia differenziata, in nome e per conto della Regione Sardegna. La Lega pone la questione di “opportunità” sul fatto che continui a rivestire l’incarico di prorettore dell’Università di Messina.
In una nota firmata dal coordinamento siciliano del partito di Matteo Salvini, si scrive che «al di là dell’apprezzabile competenza giuridica, l’attivismo ideologico del professor Saitta lo ha già visto protagonista nei mesi scorsi di ripetute dichiarazioni contro il Ponte sullo Stretto. Siamo perplessi di fronte ad un rappresentante di una nobile istituzione come l’Ateneo di Messina e dal quale ci si aspetterebbe terzietà, che invece si schiera politicamente su più tematiche e, nel caso del regionalismo differenziato, si faccia parte attiva di una posizione chiaramente di parte. Riteniamo inoltre inopportuno che il professor Saitta rilasci esternazioni fortemente “no pontiste” confondendo i ruoli di pro rettore, di avvocato amministrativista di un noto studio legale al quale possono rivolgersi gli espropriandi e di presidente di lungo corso del Pd di Messina. Le recenti posizioni e azioni del pro rettore all’organizzazione amministrativa dell’Università possono apparire in conflitto con la “mission” di un’istituzione che non può e non deve avere una connotazione politica. Ci chiediamo se sia opportuno che un professore a tempo definito ricopra il ruolo di pro-rettore e contemporaneamente, come già fatto in passato quando ha ricoperto lo stesso ruolo, svolga attività di avvocato. È fugato il dubbio che nel suo studio vi siano cause che vedono la stessa Università o il Policlinico universitario come parte avversa? Infine, non possiamo che constatare con amarezza che il Pd di Messina ha bisogno, ancora una volta, che il suo presidente sia un esponente della “governance” della nostra Università, con buona pace di quella rigorosa terzietà che dovrebbe appartenere all’istituzione».
Saitta ha depositato proprio giovedì, alla Corte costituzionale, il ricorso contro la legge “Calderoli”, su incarico della presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, insieme coni colleghi Omar Chessa dell’Università di Sassari, Andrea Deffenu dell’Università di Cagliari e Andrea Pani e Giovanni Parisi dell’Avvocatura regionale sarda. «La legge – si evidenzia nel ricorso – appare in insanabile contrasto con alcuni principi costituzionali come quelli di eguaglianza, di solidarietà e, soprattutto, di unità che la Costituzione vuole che sia tale anche nel godimento dei diritti e nelle opportunità di vita offerte a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo in cui essi vivono». Si contesta l’interpretazione del principio di differenziazione che sta a base dell’intera legge, perché questa consente «a favore delle Regioni più ricche e senza che vi siano ragioni giustificatrici oggettive, il trasferimento non di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, come la Costituzione prevede, bensì di “una o più materie o ambiti di materie”, con i relativi beni, risorse economiche e umane. Con questa prospettiva, l’idea di un’Italia quale Stato che mira all’eguaglianza nei diritti verrebbe sostituita da un modello arlecchinesco di Repubblica composta da territori nel quale i divari attuali sono destinati a crescere». E sempre secondo il ricorso del prof. Saitta, «le conseguenze più gravi sono per i cittadini ai quali viene impedito di aspirare agli stessi diritti civili e sociali riconosciuti a chi risiede nelle Regioni più sviluppate».