9 Settembre 2024 Giudiziaria

Sebastiano Ardita: ”Tra tutte queste riforme la peggiore è quella della separazione delle carriere”

“Tra tutte queste riforme, la peggiore è la separazione delle carriere. E la vera ragione sta nel fatto che essa mette insieme tutti i difetti della politica e tutti quelli dell’autogoverno. Un autogoverno dei pubblici ministeri separato e sganciato dalla cultura della giurisdizione, sarebbe a mio avviso peggio ancora di una dipendenza diretta dall’esecutivo, perché darebbe luogo alle peggiori pratiche di scambio fra giustizia e politica, e finirebbe per costituirsi come un vero e proprio regime rispetto al quale i singoli magistrati non avrebbero più alcuno spazio di reale indipendenza, né alcuna possibilità di controllo ed intervento. E tutto questo senza una responsabilità formale della politica”.

Sono state queste le parole del procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Arditain un’intervista rilasciata a Wordnews.it.

Il magistrato ha toccato diversi argomenti tra cui le recenti e future riforme delle giustizia, la limitazione delle intercettazioni e l’abolizione del reato di abuso d’ufficio; reato sostituito dal ‘peculato per distrazione’ che “copre uno spazio minimo di quello che prima era in qualche modo tutelato dell’abuso d’ufficio, e comunque dimostra la precarietà dell’intervento normativo e l’assenza di qualunque studio pregresso che stesse a fondamento della riforma, fatta eccezione per le statistiche numeriche”.

Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, secondo Ardita, lo Stato ha dichiarato il suo disinteresse “a punire il perseguimento degli interessi privati da parte dei pubblici ufficiali. Detto questo siamo uno dei pochi paesi al mondo che non punisce una condotta del genere. Occorre ricordarsi che le norme penali svolgono anche una funzione di orientamento culturale. Cioè spiegano quali sono le condotte che lo Stato ritiene dannose per la collettività”.
Una collettività che è già stata fortemente danneggiata dalla riforma Cartabia che non ha operato alcun reale riordino “sistematico rispetto al complesso delle procedure giudiziarie” e “ha previsto molteplici interventi sul presupposto dichiarato di snellire i processi. In realtà è stato fatto il contrario. Per quanto riguarda il penale l’intervento sembra ignorare la circostanza che i tempi dei processi sono dettati dalle formalità. Anziché abbreviare le formalità queste sono state aumentate (si pensi agli obblighi deposito degli atti del pubblico ministero)  si è preteso di dare un tempo massimo ai processi. L’effetto finale a mio giudizio è stato quello di svilire ancor di più la attività giudiziaria, con l’unico intento di eludere le direttive europee con una riforma di facciata per ottenere i fondi PNRR”, ha detto il procuratore aggiunto.

La limitazione delle intercettazioni e le misure cautelari

Tra i punti posti in essere dal governo vi è anche la limitazione dello strumento delle intercettazioni: “Le intercettazioni telefoniche sono strumenti di ricerca della prova. Non si capisce quale sia in questo momento il vero problema, se il mezzo in sé o la potenzialità di diffusione del suo contenuto. Forse entrambi, ma questo non giustifica una scelta che, per garantire la privacy di pochi potenti, finisce per andare a vantaggio di pericolosissime organizzazioni criminali che mettono in ginocchio la libertà e la sicurezza dei cittadini” ha detto Ardita.
Durante l’intervista si è parlato anche delle misure cautelari; in particolare dell’introduzione di un organo collegiale, formato da 3 giudici, per l'adozione della custodia cautelare invece del giudice monocratico. Inoltre il giudice, prima di disporre una misura cautelare, dovrà interrogare l'indagato previo deposito degli atti, in modo da consentire la difesa preventiva.
Secondo il magistrato “il fatto in sé che della cautela si occupi un collegio anziché un singolo giudice non mi spaventa affatto, anzi potrebbe essere un modo per rendere più forti e più stabili i provvedimenti cautelari. Tutto il resto - deposito di atti, obbligo di interrogatorio - rappresenta chiaramente uno strumento dissuasivo rispetto all’utilizzo della custodia cautelare per finalità di tutela delle indagini ed impedimento del pericolo di fuga” ha detto Ardita a Wordnews.it.

E poi ancora: la limitazione dell’appello in caso di sentenze di assunzione di primo grado. Secondo Ardita “sarebbe giusto soltanto a condizioni di reciprocità con la difesa. Rendendo unica la fase processuale di merito. Ma evidentemente la parità tra accusa e difesa nelle varie fasi del processo è e rimane un concetto altalenante”.