
MULTE PER ‘VENDICARSI’ DEI COLLEGHI: CHIESTI 3 ANNI E 3 MESI DI CARCERE PER I FRATELLI IN DIVISA, MAURIZIO E FRANCESCO PUGLIATTI
Di Enrico Di Giacomo - Dopo 4 anni di processo, per due fratelli, un carabiniere e un poliziotto accusati di falso e di accesso abusivo al sistema informatico, è arrivato il momento della richiesta di condanna da parte dell'accusa. Il pm, a conclusione della requisitoria, ha chiesto la condanna a 3 anni e 3 mesi di carcere per il 60enne carabiniere Maurizio Pugliatti, all'epoca in servizio al Nucleo Radiomobile di Messina, e il sovrintendente 61enne capo della polizia Francesco Pugliatti, difesi dagli avvocati Salvatore Silvestro e Ugo Colonna. Avrebbero firmato false multe a danno di colleghi, per ritorsione.
Il gip Monica Marino, nel febbraio 2021, aveva accolto la richiesta di rinvio a giudizio dal pm Anna Maria Arena, che a suo tempo si occupò anche delle indagini. Il processo, che si tiene davanti ai giudici della prima sezione penale, è stato rinviato al 14 marzo per le eventuali repliche e la sentenza.
Lo scenario fu ricostruito nella lunga e complessa denuncia che due poliziotti in servizio all’Ufficio ricezione atti della caserma “Calipari”, costituiti parte civile nel procedimento e rappresentati dall'avvocato Nino Cacia, presentarono in Procura tempo addietro, dopo essere stati vittime delle ritorsioni dei due fratelli, solo per aver fatto il proprio dovere.
La storia cominciò con il “banale” furto di una borsa in una discoteca della città, avvenuto nel marzo del 2017, vicenda in cui rimase coinvolta una congiunta dei Pugliatti. Che chiesero ai due colleghi di ”sorvolare”, richiesta che fu respinta. poi i due fratelli attuarono un piano di ritorsione nei confronti dei colleghi con alcune multe false.
L’accusa contesta a Maurizio Pugliatti, brigadiere dei carabinieri, di aver attestato «circostanze difformi al vero» in un ordine di servizio del 19 aprile, nell’annotazione e nei verbali di contravvenzione elevati nei confronti dei due poliziotti. I particolare avrebbe attestato che i due erano stati visti a bordo di ciclomotori in via Camiciotti e in piazza Trombetta ad un determinato orario, mentre - contesta l’accusa - in quel momento «si trovavano in altro luogo». Inoltre, avrebbe riferito che gli accertamenti sarebbero stati compiuti dalla sala operativa mentre l’accusa contesta che l’accesso era stato fatto dai carabinieri del Nucleo radiomobile su sua richiesta cosi come gli altri accertamenti. Fatti che sarebbero stati commessi in concorso con il fratello Francesco, sovrintendente della Polizia. L’accusa contesta anche la richiesta ad un collega dei carabinieri «in violazione dei doveri inerenti il servizio» di accedere alla banca dati delle Forze dell’Ordine per verificare i dati relativi ai motoveicoli.