
C’è una traccia che porta a Messina per i killer del giudice Scopelliti
Trentaquattro anni dopo l’uccisione del giudice Antonino Scopelliti, il sangue del patto tra Cosa nostra e ’ndrangheta per cercare di stoppare in Cassazione il maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone, c’è una traccia che porta dritta a Messina, la città da dove potrebbero essere addirittura partiti i killer del commando di fuoco che uccisero a 56 anni un magistrato dalle capacità eccezionali. Scopelliti, all’epoca sostituto procuratore generale in Cassazione, fu ucciso il 9 agosto del 1991, erano le 17.21, mentre sulla sua Bmw percorreva la strada tra la frazione Ferrito di Villa San Giovanni e Piale di Campo Calabro, il suo paese d’origine in provincia di Reggio Calabria. Era tornato per trascorrere le vacanze estive. A casa stava studiando i faldoni del maxiprocesso.
A Messina quindi, secondo questo clamoroso retroscena che forse proviene dalle inedite e recenti dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, potrebbe essere stata allestita all’epoca la base logistica dov’è stata organizzata nei minimi dettagli l’esecuzione del magistrato.
Nei giorni scorsi infatti un gruppo di investigatori della Sisco della Polizia, uno dei reparti d’eccellenza del nostro Paese, ha effettuato una lunga serie di perquisizioni proprio a Messina. Ed è il nome dei destinatari dei sopralluoghi a dire tutto. A quanto pare gli uomini della Sisco, su delega della Procura reggina diretta da Giuseppe Lombardo, il magistrato che si sta occupando nuovamente del delitto, hanno letteralmente rivoltato da cima a fondo una serie di abitazioni, capannoni e terreni che in passato sono appartenuti alla cellula messinese del gruppo Romeo-Santapaola.