28 Maggio 2025 Giudiziaria

Mafia e affari, a Messina esiste il «pluralismo delinquenziale»

La mafia a Messina ha attuato da tempo il «pluralismo delinquenziale». Il “tutti fanno affari con tutti” insomma è sempre vigente. In provincia il quadro non ha subito mutamenti. Il clan peloritano di Mangialupi, ecco un aspetto inedito, aveva trovato un nuovo canale per rifornirsi di droga con la mafia gelese. Insomma «... gli assetti della criminalità organizzata riguardo la spartizione territoriale della provincia di Messina non sono cambiati». Le indagini sul fronte della prevenzione amministrativa hanno poi permesso alla Prefettura di Messina di emettere 21 provvedimenti interdittivi nei confronti di società. E «in questo contesto sono stati rilevati elementi di contiguità con le più importanti consorterie mafiose della provincia».

Ecco in estrema sintesi le novità della Relazione semestrale della Dia per Messina e la sua provincia. Che ormai da anni costituisce un punto di riferimento per comprendere l’evoluzione delle mafie sul territorio.

A Messina

Ci sono - scrive la Dia -, autonome matrici criminali locali, suddivise in gruppi e clan, che si spartiscono, in base agli interessi illeciti del momento, la città secondo una suddivisione puramente geografica. Inoltre, sin dagli anni ’90, è attivo nel capoluogo peloritano il clan Romeo, collegato al clan di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano, dotato di una propria struttura organizzativa, capace di imporsi a clan e gruppi. Nella zona nord risulterebbe attivo il clan Giostra, che nel tempo è riuscito ad instaurare stabili rapporti con la ’ndrangheta, con riferimento all’approvvigionamento di sostanze stupefacenti. Nel centro risulterebbe attivo il clan Camaro, operante in un contesto territoriale in cui si sono registrati fatti di sangue e sussistono importanti piazze di spaccio gestite da sodalizi di varia natura. A sud si rileva la presenza del clan Mangialupi, caratterizzato da legami di tipo familiare e particolarmente attivo nel narcotraffico e nelle estorsioni... alcune risultanze investigative, sebbene risalenti al 2021, hanno accertato come il clan avesse mostrato interesse nell’approvvigionamento di cocaina e marijuana da Cosa nostra gelese. Tale aspetto - scrive la Dia -, rappresenta un elemento inedito per il panorama criminale messinese. Nella parte meridionale agirebbe anche il gruppo S. Lucia sopra Contesse il quale, sebbene non ci siano attuali risultanze investigative che certifichino l’operatività, è stato capace di mantenere nel tempo stabili contatti con sodalizi calabresi, finalizzati a fiorenti traffici di droga. Esiti giudiziari, invece, hanno cristallizzato, la presenza di 2 gruppi criminali operanti nel rione “Provinciale”, altro quartiere a sud di Messina. Ci si riferisce ai gruppi Provinciale e Maregrosso, i quali hanno raggiunto nel tempo una sorta di pax mafiosa finalizzata al raggiungimento di illeciti obiettivi e alla concordata suddivisione del territorio.

L’analisi della provincia

L’analisi del contesto criminale messinese eseguita nel corso degli anni - scrive la Dia -, ha confermato come la provincia, data la sua posizione geografica, rappresenti il crocevia di intensi traffici illeciti perpetrati, oltre che dalle locali consorterie, da una pluralità di sodalizi riconducibili a diverse matrici mafiose. Il “pluralismo delinquenziale” presente, infatti, in tale contesto territoriale, oltre a far assumere alla mafia messinese caratteristiche mutevoli in base ai differenti territori della provincia in cui agisce consente di intessere, talvolta, alleanze tra diverse compagini criminali, sebbene ognuna di esse mantenga un’autonoma gestione dei business illeciti.

I Barcellonesi

Nella fascia tirrenica a nord della provincia risulterebbe attiva la famiglia Barcellonese, compagine criminale appartenente alla matrice Cosa nostra, che opererebbe, attraverso gruppi e frange quali quello dei Barcellonesi in sento stretto, ma anche la frangia dei Mazzarroti e il gruppo di Terme Vigliatore, soprattutto nel settore del traffico di stupefacenti spesso perpetrato sinergicamente con altri qualificati sodalizi mafiosi, come quelli calabresi e catanesi. La famiglia in esame è dotata di particolare forza intimidatrice, è fortemente radicata sul territorio con spiccate capacità di rigenerazione e riorganizzazione, nonostante più volte oggetto di attività investigative e pronunce giudiziarie.

I Nebrodi

Nella zona nebroidea, nello specifico a Tortorici e zone contigue - scrive la Dia -, risulterebbe radicata la famiglia Tortoriciana, locale matrice mafiosa suddivisa in due gruppi, Bontempo Scavo e Batanesi. Quest’ultimo gruppo, nel tempo, avrebbe assunto il predominio nella zona manifestando notevole interesse verso l’illecito accaparramento dei finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo agropastorale, perpetrato attraverso numerose truffe in danno dell’Unione Europea con il coinvolgimento di professionisti, così come confermato dalla recente sentenza di condanna emessa il 5 settembre 2024 dalla Corte di Appello di Messina a conclusione del secondo grado di giudizio del procedimento “Nebrodi”. Sempre nel quadrante nebroideo - prosegue la Dia -, agisce la famiglia di Mistretta, compagine criminale legata a Cosa nostra, nello specifico al mandamento palermitano di San Mauro Castelverde, che influenzerebbe l’area tra le province di Messina, Palermo ed Enna... un collaboratore di giustizia affermerebbe, nelle dichiarazioni rese e riportate nel provvedimento inerente alla operazione “Nebrodi 2”, che tale sodalizio, sebbene inserito nel mandamento palermitano, ha mantenuto nel corso degli anni stretti legami con il gruppo dei Batanesi.

La zona jonica

Nel periodo di riferimento - scrive la Dia -, nella fascia jonica, è emerso anche l’interesse criminale di alcuni esponenti del clan catanese Laudani, manifestato sia attraverso particolari forme estorsive finalizzate all’ingerenza del sodalizio nel tessuto economico locale, sia mediante fenomeni di corruttela.