Ammonta a un valore complessivo di circa 250.000 euro il sequestro di beni effettuato dalla Polizia nei confronti di presunti esponenti della “famiglia mafiosa barcellonese”. Il provvedimento è stato disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, su richiesta della procura diretta dal procuratore Antonio D’Amato. Il sequestro beni riguarda Luisella Alesci 53 anni, Domenico Ofria, 53 anni, Tiziana Francesca Foti, 52 anni e Angelo Munafò, 45 anni. L’operazione è il frutto di indagini patrimoniali svolte dalla Squadra Mobile di Messina e dal Commissariato di Barcellona, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di Salvatore Ofria e del fratello Domenico Ofria. Oggetto del sequestro beni, individuati già lo scorso 14 gennaio, e intestati alle rispettive mogli, Luisella Alesci e Tiziana Foti e a Angelo Munfò. Le due donne, secondo quanto emerso, avrebbero agito da prestanome dei mariti, intestandosi due distinti conti correnti accesi presso Banca Intesa, in cui erano depositate somme complessive pari a 100.000 euro. A loro nome risultavano, sempre collegati al rapporto bancario, un fondo di investimento e due auto, beni che sarebbero riconducibili agli stessi indagati e oggetto dello stesso provvedimento. Il sequestro finalizzato alla confisca, si inserisce nell’indagine del gennaio scorso, che ha portato alla luce l’anomala gestione dell’azienda individuale, formalmente intestata a Carmela Bellinvia, madre di Salvatore e Domenico Ofria. L’impresa, attiva dal 1980 nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dei rifiuti speciali e della demolizione di veicoli, con sede a Barcellona, era già stata colpita da provvedimenti di confisca sia in sede penale che di prevenzione, e affidata a un amministratore giudiziario già dal 2011. Nonostante ciò, le indagini della Polizia hanno documentato che l’attività sarebbe rimasta nella disponibilità effettiva dei fratelli Ofria e dei loro familiari, i quali ne avrebbero continuato la gestione in modo occulto, facendone strumento di arricchimento illecito attraverso la sistematica appropriazione di denaro non contabilizzato. Le indagini hanno avuto origine da una serie di controlli degli agenti del Commissariato di Barcellona, diretto dal vicequestore Carmelo Nicola Alioto, che hanno rilevato come diversi clienti dell’azienda acquistassero ricambi per auto senza che venissero rilasciati scontrini o fatture. Da lì è emersa un’attività imprenditoriale parallela, priva di documentazione fiscale, che ha fatto scattare l’ipotesi di una gestione illecita dei flussi finanziari. Gli elementi acquisiti hanno permesso di ricostruire come l’impresa, pur essendo sottoposta a confisca e amministrazione giudiziaria, fosse in realtà ancora utilizzata per produrre reddito in favore della famiglia Ofria, rafforzando, così, la percezione pubblica di un’organizzazione mafiosa capace di mantenere il controllo dell’attività economica nonostante l’intervento dello Stato.