
No Ponte, «pronti a incatenarci nei cantieri»
«Cosa accadrà? Noi siamo pronti a qualunque evenienza». Lo dicono alcuni dei partecipanti dell’Assemblea No Ponte che si sono riuniti ieri a Messina, nella piazzetta antistante la sede della “Casa del Popolo”. «Pronti ad ogni evenienza», cioè disposti a mettere in campo qualsiasi forma di mobilitazione contro quella che viene definita «non solo un’opera inutile e devastante» ma «il simbolo di politiche neocolonialiste da parte dello Stato».
E se in questo scorcio di fine estate o all’inizio dell’autunno dovessero aprire i primi cantieri propedeutici alla realizzazione del Ponte e di tutto il sistema di opere preliminari, connesse, complementari e compensative? La risposta è univoca o quasi: «Pronti a incatenarci, camion e ruspe dovranno passare sui nostri corpi».
«Il Ponte sullo Stretto – afferma l’Assemblea No Ponte – è l’ennesima espressione di questo colonialismo: un’opera calata dall’alto, senza ascolto e senza utilità per le popolazioni locali. E non è un caso se tutto questo accade durante il governo (nazionale e regionale) della (estrema) destra identitaria, quella che grida “prima gli italiani!”, salvo poi impedire lo svolgimento di eventi nei quali si racchiudono le espressioni più autentiche dell’identità delle comunità, il senso dei luoghi e le trame collettive dell’esistenza, qui, ai margini della nazione. È questa la loro idea di identità: togliere dignità ai territori per regalare miliardi alle lobby del cemento. Mentre crollano i viadotti e le strade sono interrotte da frane, lo Stato italiano spreca cifre esorbitanti per opere che non servono alla cittadinanza ma solo ai privati che troveranno occasione di guadagno».