25 Settembre 2025 Giudiziaria

Immacolato Bonina assolto definitivamente

Dopo nove anni di processi penali, e tre diversi pronunciamenti della Corte di Cassazione, l’imprenditore Immacolato Bonina, neo presidente onorario dell’Igea Virtus, è stato assolto definitivamente, con la formula più ampia: «Perché il fatto contestato non sussiste». Si chiude, con un verdetto definitivo, l’odissea giudiziaria di Immacolato Bonina, l’imprenditore barcellonese della grande distribuzione che, per quasi un decennio, è stato al centro di un procedimento penale dai contorni complessi e controversi. La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal procuratore generale Felice Lima contro l’assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello, mettendo la parola fine a una vicenda giudiziaria iniziata nel 2016 e segnata da condanne, rinvii e infine assoluzioni.

Immacolato Bonina, amministratore delegato della C.S.R.S. spa – la società che gestiva la piattaforma di acquisto e distribuzione delle merci destinate ai supermercati del gruppo – era stato accusato di avere costretto 22 dipendenti, sotto la minaccia di licenziamento, a firmare un contratto di solidarietà che prevedeva una riduzione dell’orario di lavoro a 28 ore settimanali, mentre in realtà i dipendenti avrebbero continuato a prestare servizio per 40 ore. Contestualmente, gli era stato attribuito anche il reato di indebita percezione dei contributi Inps connessi a quel contratto di solidarietà, per un importo di quasi 30 mila euro. In primo grado, il Tribunale di Barcellona (con sentenza numero 345 del 2022, presidente Antonino Orifici, estensore Mariacristina Polimeni) lo aveva condannato a 6 anni e 3 mesi di reclusione, oltre a una multa e al risarcimento in favore delle parti civili: i lavoratori – assistiti in gran parte dall’avvocato Antonino Centorrino – e lo stesso Inps.

In appello, la condanna era stata parzialmente ridotta. La Corte d’appello di Messina (con la sentenza 284 del 2023, presidente Antonino Giacobello, estensore Lia Lino) aveva dichiarato prescritto il reato di indebita percezione di contributi, confermando però la responsabilità per estorsione e rideterminando la pena in 5 anni e 3 mesi di reclusione. La difesa – affidata all’avvocato Francesco Aurelio Chillemi e al professor Vittorio Manes – aveva impugnato la sentenza ottenendo un primo importante risultato: la Cassazione, sezione terza, con la sentenza numero 23983 del 2024, aveva annullato la decisione d’Appello, nonostante la cosiddetta “doppia conforme” (cioè la coincidenza delle sentenze di primo e secondo grado). In quell’occasione, infatti, i giudici di legittimità avevano rilevato l’illogicità dell’impianto accusatorio: la minaccia di licenziamento non avrebbe potuto sussistere poiché la legge (art. 4 della Legge 223 del 91) priva il datore di lavoro di tale facoltà già durante la procedura di mobilità; la stipula del contratto di solidarietà era stata proposta e rivendicata dalle organizzazioni sindacali, non dal datore di lavoro; i sindacalisti sentiti in dibattimento avevano confermato la paternità della proposta e l’assenza di pressioni da parte di Bonina; la difesa aveva prodotto una “imponente” mole di prove documentali e testimoniali non adeguatamente valutate nei precedenti gradi di giudizio.

Sulla base dei principi fissati dalla Cassazione, il processo è tornato davanti a una diversa sezione della Corte d’appello di Messina (presidente Blatti, estensore Bruno Sagone). E così, con la sentenza numero 1566 del 2024, i giudici della Corte d’Appello hanno assolto Immacolato Bonina con la formula più ampia: «Perché il fatto non sussiste», revocando anche le statuizioni civili. Un verdetto netto, che ha cancellato non solo le condanne penali ma anche le conseguenze economiche e risarcitorie disposte nei precedenti gradi di giudizio. Nonostante l’assoluzione, il procuratore generale di Messina, Felice Lima, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sentenza d’Appello fosse affetta da carenze motivazionali e contraddizioni.

Ieri, però, la Cassazione, sesta sezione penale, ha respinto l’impugnazione dichiarandola inammissibile e confermando la piena legittimità della decisione di assoluzione.

Una posizione condivisa anche dal procuratore generale presso la Suprema Corte, che ha chiesto il rigetto del ricorso, aderendo di fatto alla linea difensiva. Per Immacolato Bonina: «È la conclusione di un calvario giudiziario durato nove anni – ha commentato l’avvocato Francesco Aurelio Chillemi –. La Suprema Corte ha riconosciuto la bontà delle nostre tesi difensive, sostenute fin dall’inizio. La formula assolutoria e la definitiva chiusura del processo restituiscono dignità al mio assistito». Bonina, che per anni ha dovuto convivere con l’ombra di una grave accusa penale e con due sentenze di condanna, esce ora definitivamente assolto. Il processo “Ter” si chiude così con una formula liberatoria che non lascia margini a ulteriori dubbi: «Il fatto non sussiste».