
IL FEMMINICIDIO DI CATERINA PAPPALARDO, LA DRAMMATICA TESTIMONIANZA DELLA FIGLIA: MIO FRATELLO UN ASSASSINO, TEMO PER LA MIA VITA
di Enrico Di Giacomo - "Quell'assassino la'... è stato sempre cattivo, violento, cinico, calcolatore... so io cosa ho vissuto per 25 anni...". Il processo in Corte d'Assise nei confronti del ventisettenne Giosuè Fogliani, accusato di omicidio aggravato della sessantaduenne Caterina Pappalardo, massacrata il 14 gennaio scorso a colpi di coltello dal figlio nella loro abitazione di via Cesare Battisti, è entrato nel vivo questa mattina con la testimonianza della sorella di Giosuè, Rosaria, che da tempo aveva deciso di allontanarsi da quella casa e dal fratello, trasferendosi al nord con il compagno che quest'estate è diventato suo marito. Il legame forte e solido di Rosaria con la madre non si era mai interrotto fino a quel maledetto giorno e Sara lo ha ribadito, rispondendo prima al sostituto procuratore Massimo Trifirò, poi all'avvocata di parte civile, Caterina Peditto e infine all'avvocato di Giousè Fogliani, Antonello Scordo, che l'ha sottoposta ad un impegnativo contro esame.
La drammatica e toccante testimonianza di Rosaria Fogliani è durata circa quattro ore, dalle 10 alle 14. La donna ha ripercorso, raccontando aneddoti e fatti, la convivenza infernale che, a detta della giovane donna, sia la madre che lei stessa hanno vissuto per diversi interminabili anni. Rosaria non ha chiamato mai per nome il fratello: quello, lui... E lui, Giosuè, presente in aula, testa rasata e barba incolta, è rimasto in silenzio con la schiena abbassata e il capo chino, fino a scomparire dalla vista di avvocati, giudici, e dal pm che ogni tanto lo cercava con gli occhi, per tutta la durata dell'udienza. E' stata la sorella, per ben due volte, durante la testimonianza, a indicarlo col braccio, definendolo 'quell'assassino là', per poi essere ripresa dalla presidente Maria Eugenia Grimaldi.
Rosaria Fogliani ha raccontato che la situazione è precipitata dalla morte del padre, avvenuta nel 2013. Fino ad allora non è che i rapporti in famiglia fossero idilliaci. La donna ha tratteggiato brevemente la figura del 'padre padrone', che teneva tanto al figlio maschio, Giosuè, con cui aveva un bel rapporto, ma che aveva una scarsa considerazione delle due donne di casa. Sara ha raccontato di come il padre controllasse la sua libertà di movimento, di come pretendesse di imporre orari e controllare le sue frequentazioni. Dalla morte del padre, secondo il racconto di Rosaria Fogliani, Giosuè avrebbe iniziato a cambiare atteggiamento, a diventare sempre più aggressivo, prepotente, a perdere anche i pochi amici rimasti. Soprattutto da quando ha terminato di frequentare la scuola superiore. "Ha cominciato a manifestare atteggiamenti aggressivi e non voleva essere contraddetto. Una escalation che è culminata nel 2019 quando ha cominciato a non dormire più di notte, facendo stare sveglie anche noi. Una vita insopportabile. Chiamava mia madre per qualunque cosa, e l'unica volta che lei si è rifiutata di farle un favore le ha lanciato un libro in testa. Lui non sopportava che gli dicessero dei no. Era viziato, mio padre lo aveva abituato così. E così ha iniziato a pretendere prima la palestra in casa, aveva il culto di se stesso, poi una continua richiesta di soldi. Denaro che raccoglieva per poi fare degli acquisti, come ad esempio un Mac da duemila euro".
"Una notte mi sono svegliata di soprassalto, con le sue mani al collo mentre mi minacciava urlandomi, 'Ti ammazzo'. Sempre per ragioni stupide. Mi sputava nel piatto se gli correggevo un congiuntivo. Via via ha preso possesso di tutto l'appartamento, e io e mia madre (ma anche il cane che ha più volte minacciato di lanciare dal balcone) eravamo costretti a rimanere nelle rispettive stanze, nella sporcizia. Era solito accumulare nella mia stanza le cose che non gli andavano, e nel frattempo la mia camera era diventata un deposito... Anche andare in bagno per me era diventato un incubo, ero costretta a chiudermi a chiave. La vita in quella casa era una minaccia continua: 'Ti ammazzo, ti taglio in tanti pezzettini, ti farò così male che in confronto il male che hai avuto (una grave malattia, ndr) non è niente". Ci ha reso la vita impossibile, avevo paura, ho ancora paura. Il mio timore, ancora oggi, è che se dovesse uscire, possa completare il suo disegno criminale".
"Lui voleva vivere di rendita, senza lavorare e studiare. Viveva una vita agiata (incassava un mensile da mia madre di 400 euro ma poi ne chiedeva molti di più), mentre la nostra situazione peggiorava (nonostante avessimo quattro case, tre in affitto e la nostra che abitavamo e mia madre la pensione di reversibilità). Si era iscritto diverse volte all'Università senza mai concludere nulla". La sorella descrive Giosuè come una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde. In casa violento, tanto da pretendere l'obbedienza, fuori gentile e disponibile. "Diceva che le donne erano essere inferiori e lui, in quanto maschio, era il capofamiglia. E per questo che ci trattava così. A mia madre la insultava anche dicendole butt..., scrofa..., a me mi definiva pesce piccolo". Rosaria racconta anche delle volte in cui Giosuè sequestrava per ore ('anche tre ore') in un stanza chiusa a chiave la madre, fino a quando non usciva con un risultato a lui favorevole ('come sfondo sempre il denaro, la prendeva per sfinimento...'). Mia madre, terrorizzata, a un certo punto (nel 2023) decise di andarsene da quell'appartamento che era diventata una prigione. Ma ci trasferimmo nelle vicinanze, perché mia madre non lo voleva abbondare nonostante lui l'avesse schiavizzata. Pretendeva che lei gli facesse la spesa ogni settimana, che gli cucinasse...". Sara ha continuato la testimonianza senza fermarsi un attimo, un fiume in piena, ha risposto dando la sensazione di voler essere più precisa possibile ed esaustiva. Ma ha anche mostrato stanchezza nel raccontare quella galleria degli orrori. Una carrellata di episodi che raccontano di vite in affanno, vite distrutte, solitudini, sofferenze.
Una vita impossibile che porta Rosaria a prendere la via della fuga, un lavoro al nord assieme al compagno. Ma il rapporto con la madre era continuato per telefono. La sorella si è poi soffermata sull'aspetto sanitario, sul trattamento di cura e sul fatto che nessun specialista ('la dott.ssa Garnier, il centro Camelot"), negli anni, ne avesse riscontrato la gravità, "ci dicevano che non ci fossero problemi di natura psichiatrica ma semmai di natura psicologica, una terapia familiare sarebbe andata bene". L'aula durante la mattina si è anche affollata di studenti universitari pronti ad imparare oltre la teoria.
Nell'udienza di oggi sono stati sentiti anche i vicini di casa che preoccupati chiamarono la polizia sentendo le urla disperate della donna e subito dopo un silenzio che presagiva qualcosa di tragico. L’autopsia rivelerà che la donna fu stordita con uno spray al peperoncino e massacrata con 112 coltellate.
L'8 ottobre è stato dato il via al processo con la testimonianza degli agenti che per primi arrivarono nel palazzo di via Cesare Battisti. In particolare è stato sentito un ispettore che entrò in casa trovando il cadavere di Caterina Pappalardo in un lago di sangue e il figlio tremante, con lo sguardo basso. Giosuè Fogliani deve anche rispondere di maltrattamenti. La Corte d’assise, presieduta dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi, ha infatti accolto la richiesta di riunione dei due procedimenti formulata dall’avvocato Antonello Scordo, difensore del giovane. Si tratta di maltrattamenti che Caterina Pappalardo aveva raccontato in una denuncia presentata mesi prima alla polizia nella quale ripercorreva le pretese del figlio, gli insulti, i litigi e le minacce che avevano portato lei e la figlia ad allontanarsi di casa per andare a vivere altrove. Caterina, una donna buona che aveva dedicato la sua vita alla famiglia, denunciando il figlio cercava di venir fuori da una situazione drammatica, salvando se stessa e probabilmente aiutando anche il figlio.