Le Menzogne della notte alla Sala Laudamo: il “giallo metafisico” di Gesualdo Bufalino nella versione di Daniele Gonciaruk convince il pubblico messinese
Di Tonino Cafeo - “In un’isola penitenziaria, probabilmente mediterranea e borbonica, fra equivoche confessioni e angosce d’identità, un gruppo di condannati a morte trascorre l’ultima notte”. Con queste parole Gesualdo Bufalino presenta il proprio romanzo Le menzogne della notte, premio Strega 1988. Una “fantasia storica” o “giallo metafisico”, sempre secondo lo scrittore comisano, ambientato in un Risorgimento più immaginario che reale, in cui agiscono alcuni personaggi emblematici: quattro figure di rivoluzionari - Corrado Ingafù, detto il Barone, Saglimbeni, il Poeta; Agesilao, il soldato e Narciso, lo Studente - tutti condannati alla pena capitale per lesa maestà. Sarà il governatore del carcere Consalvo de Ritis a fare eseguire la sentenza, non prima però di avere tentato il tutto per tutto per strappare ai prigionieri il nome del leader dell’insurrezione, il misterioso Padreterno.
La vicenda si consuma nel giro di una notte, durante cui i quattro, fatti trasferire dall’inflessibile funzionario in una cella confortevole, con letti e cibo, in compagnia di un oscuro frate che si presenta loro come il bandito Fra’ Cirillo, riceveranno la proposta di tradire Padreterno in cambio della grazia. Per trascorrere le ore che separano il gruppo dalla decisione finale, il religioso propone ai condannati un “gioco” singolare. Ciascuno impiegherà un’ora della nottata a raccontare agli altri il momento della propria vita in cui è stato veramente felice. Alla fine delle storie ognuno dei protagonisti deciderà, con un tratto di penna, della vita o della morte propria e dei compagni, consegnando Padreterno al potere o mantenendo il silenzio sul suo vero nome.
Un romanzo dalla lingua opulenta ed evocativa, com’è quella di Bufalino, strutturato rispettando rigorosamente le tre unità aristoteliche di luogo, tempo e azione, invita a essere portato sul palcoscenico ma è nello stesso tempo una sfida. L’attore e regista messinese Daniele Gonciaruk l’ha raccolta mettendo in scena un adattamento fedele al testo letterario ma in grado di esprimere tutto il suo potenziale in piena autonomia. Il lavoro è andato in scena durante tutta la scorsa settimana alla Sala Laudamo, nell’ambito della rassegna Disvelamenti all’interno del cartellone 2025/26 dell’EAR Teatro Vittorio Emanuele di Messina, che lo ha anche prodotto, riscuotendo un chiaro successo di pubblico per tutta la durata delle repliche.
Sul palcoscenico, lo stesso Gonciaruk, nel doppio ruolo del governatore e di Fra Cirillo, accompagnato da un cast di attrici e attori - professionisti e non - che il regista ha selezionato nei suoi laboratori di formazione teatrale. Nei ruoli principali: Alessio Pettinato, Sergio Foscarini, Eugenio Meo, Alessandro Santoro, Federico Pandolfino, Angelo Centorrino. Le scene sono state affidate al laboratorio di scenografia del Liceo Artistico Statale E. Basile di Messina, coordinato dai docenti Antonio Ciancio, Patrizia Donato e Carmelo Geraci.
La fiaba nera raccontata da Gesualdo Bufalino, per il suo rimanere nel vago quanto a collocazione storica e geografica, si presta a molteplici chiavi di lettura. Daniele Gonciaruk sceglie di “conficcarla nel cuore del novecento”, come scrive nelle sue note di regia. Il potere, dunque, giustifica sé stesso dando una morte spettacolare - la ghigliottina per ben due volte rompe la quarta parete avanzando in mezzo alle file degli spettatori - e dalla morte ci si può difendere raccontando storie, come nelle Mille e una Notte, ma siamo nel tempo della post verità, per cui sarà impossibile discernere fra menzogna e realtà. Vale per le storie narrate dai quattro condannati ma anche per l’ambiguo fra ’Cirilloche fa da maestro di cerimonie e che si rivelerà essere il governatore De Ritis, incapace di portare a termine la sua inchiesta e che per questo morirà suicida.
La regia, forse pensando alla Canzone del maggio di De André (Per quanto voi vi crediate assolti…) coinvolge anche il pubblico nel tragico gioco della ricerca di un’impossibile verità: tocca alla platea, infatti, decidere, attraverso bigliettini opportunamente distribuiti in sala, chi vive e chi muore, chi resta fedele a sé stesso e chi tradisce i propri ideali per restare a galla.
Il teatro di Daniele Gonciaruk ancora una volta mette in scena con la forza di un rito civile le inquietudini del nostro tempo, chiedendo a ciascuno di non limitarsi a osservare ma di prendere parte facendosi domande e sforzandosi di ottenere risposte.