24 Novembre 2025 Giudiziaria

Palermo: arrestato in carcere l’uomo che portò Provenzano in Francia per essere operato

di Luca Grossi - Sono Michele Rubino, Nicola Mandalà e Ignazio Fontana i destinatari del provvedimento di custodia cautelare per l'omicidio di Antonino Pelicane, assassinato tra Palermo e Villabate (Palermo) il 30 agosto 2003. Dei tre, solo Rubino era in libertà, dopo essere stato assolto da un altro omicidio, per il quale invece Mandalà e Fontana erano stati condannati all'ergastolo: si tratta della lupara bianca che, il 13 novembre 2002, portò all'eliminazione di Andrea Cottone, anch’egli di Villabate, ucciso nell'ambito della stessa faida che portò alla successiva eliminazione di Pelicane. Mandalà, coinvolto negli anni ’90 nel processo "Venerdì nero", fu uno di coloro che organizzarono il viaggio di Bernardo Provenzano, allora latitante, fino a Marsiglia, dove il capomafia, nel 2003, sotto il falso nome di Gaspare Troja, fu operato alla prostata in cliniche private. Lo stesso Nicola Mandalà è figlio di Antonino, che nel 1994 aveva fondato a Villabate il primo club di Forza Italia in Sicilia.

Mandalà è anche l'uomo della mafia che cercò anche di tenere uniti i rapporti con la mafia italo americana degli Inzerillo e dei Gambino. E' stato arrestato nel 2005 nell'operazione Grande Mandamento con l'accusa di associazione mafiosa, spaccio di stupefacenti e duplice omicidio accusato degli omicidi di Antonio Pelicane e Salvatore Geraci, quest'ultimo ucciso nel 2004. Nel 2009 è stato condannato dalla Corte d'assise d'appello di Palermo all'ergastolo per l'omicidio di Geraci. La cassazione quest'anno ha negato la possibilità di lasciare il 41 bis. . Per riaprire il caso decisive sono state le dichiarazioni del pentito Francesco Terranova che ha iniziato la sua collaborazione con la giustizia nel 2023.

L’omicidio di Attilio Manca

Il nome è noto anche per un altro grande caso: quello dell’omicidio del famoso urologo siciliano Attilio Manca, trovato morto nel suo appartamento a Viterbo il 12 febbraio 2004. Il 19 febbraio 2005, quasi un anno dopo la morte di Manca, veniva pubblicata una notizia con la quale, per la prima volta, si faceva riferimento a un “dottore che sarebbe andato a trovare Provenzano nel suo rifugio segreto”. Il giorno successivo, anche il quotidiano La Gazzetta del Sud riportava la notizia del “medico che avrebbe curato Provenzano”, aggiungendo che la rivelazione trovava fondamento in un’intercettazione ambientale tra il capomafia di Belmonte Mezzagno, Francesco detto ‘Ciccio’ Pastoia, e il boss di Villabate, Nicola Mandalà. Francesco Pastoia, quindi, sembrerebbe essere il primo boss mafioso a rivelare che Provenzano ricevette la visita di un medico nel suo rifugio segreto durante la sua latitanza. Nel verbale di informazioni rese da Madeline Orlando, cittadina francese di origini italiane e moglie di Salvatore Troia, uno degli uomini della cosca Madeleine, ai procuratori di Palermo Pietro Grasso e Michele Prestipino a Ventimiglia, il 26 luglio 2005, disse: “Nel 2003, verso il mese di luglio, mio marito, Troia Salvatore, mi disse che stava per arrivare dalla Sicilia a La Ciotat un suo parente che stava male. Il giorno successivo, mio marito ed io ci siamo recati presso la clinica La Licorne di La Ciotat, dove avevamo appuntamento con il dott. Barnaud. In tale occasione, presso la clinica, ho visto per la prima volta la persona anziana, indicatami come il parente di mio marito (e che successivamente ho saputo essere Provenzano). Questa persona era accompagnata da Nicola Mandalà di Villabate, che io non conoscevo e che mi fu presentato da mio marito come un suo conoscente. Questa persona anziana si è fatta visitare dal dott. Barnaud in mia presenza, in quanto io svolgevo le funzioni di interprete perché questa persona non parlava una parola di francese. Nel corso di questa visita, scoprii che questa persona stava male perché aveva problemi alla prostata. Il dott. Barnaud infatti disse che si doveva sottoporre ad alcuni esami specialistici e indicò la stessa clinica come il posto dove tali esami potevano essere effettuati. Questa persona fu così ricoverata ed io scoprii che si chiamava, o almeno si faceva chiamare, Troja Gaspare, esattamente come mio suocero. Quando questa persona è stata dimessa dalla clinica io ero presente insieme a mio marito. Era presente anche Nicola Mandalà, con il quale questa persona si è allontanata, per quanto ne so io, per fare rientro in Italia, a bordo di un’autovettura della quale al momento non ricordo il modello". 

L’intercettazione ambientale di Francesco Pastoia

In un’intercettazione ambientale del 14 settembre 2004, avvenuta tra le 10:21 e le 11:51, Pastoia disse a Mandalà: “Io lo conosco bene! Infatti io, al numero 25, ci parlo in una certa maniera. Tu mi vedi come ci parlo io… con rispetto… ci parlo in una certa maniera. Però tu mi vedi, se io ci sono andato a dire che lui si vede pure con il dottore.”

“Con il dottore, esatto!”, replicò Mandalà. Dalla conversazione non emergono elementi che possano consentire di individuare l’identità del soggetto che i due mafiosi appellano come ‘il dottore’, né tantomeno dati che consentano di identificarlo in Attilio Manca. Si può soltanto trarre l’informazione secondo cui due uomini fidatissimi del boss latitante avevano fatto riferimento a un ‘dottore’ che gli aveva fatto visita. Di questo dottore avevano fatto riferimento anche Mario Cusimano, collaboratore di giustizia: il neo pentito aveva raccontato dell’intervento chirurgico al boss, della dieta a cui è stato costretto nel periodo precedente all’operazione (“mangiava solo cibi delicati, in particolare pesce e verdura”) e del fatto che un medico lo avrebbe curato.