6 Dicembre 2025 Giudiziaria

“Ho un congresso e devo campare”. Così l’ex primario Stagno d’Alcontres chiedeva soldi alle ditte

È stato uno degli uomini più potenti di Messina, erede dell’influente famiglia Stagno d’Alcontres, deputato di Forza Italia per quattro legislature, ma si esprimeva con toni sbrigativi, quasi fosse un esattore del pizzo: «Ho un congresso io, devo campare, voi capite». Così Francesco Stagno d’Alcontres, primario della Chirurgia Plastica del Policlinico fino a qualche mese fa, diceva al rappresentante di un’azienda farmaceutica.

Una frase che pronunciò diverse volte l’anno scorso, quando c’era da organizzare il congresso della società italiana di chirurgia plastica, di cui era presidente, a Giardini Naxos. «Mi dia una mano dottoressa, io ho bisogno di una mano seria», diceva ancora alla rappresentante di un’azienda farmaceutica che si era aggiudicata un appalto:

«Avete vinto tre lotti su sei – aggiungeva il primario – quindi bene o male mantenete il monopolio qui a Messina».

Le indagini dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della procura e dei finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria hanno portato d’Alcontres ai domiciliari con accuse pesanti: concussione, corruzione, truffa. Secondo la procura diretta da Antonio D’Amato, l’ex primario avrebbe preteso da alcune case farmaceutiche cospicue sponsorizzazioni per il suo congresso, in cambio avrebbe dato il via libera ad alcuni appalti nel suo reparto. Qualcuno provava ribellarsi: «È una posizione mafiosa», disse un imprenditore. Un altro lo mise in guardia: «Potrebbe essere imputato». E lui replicava: «Per cosa?».

Il giorno in cui una ditta gli diede invece una somma elevata per il suo congresso, il primario esultò: «Minchia ni desiru 20 mila euro». Un’altra ditta pagò le iscrizioni al congresso agli specializzandi del professore d’Alcontres. Oggi ci sono 13 ditte sanitarie coinvolte. E 31 persone indagate, due collaboratrici del professore sono state sospese per un anno. Si tratta di Antonina Fazio e di Cristina Alì. Per la procura, «c’era un sistema illecito organizzato e finalizzato al lucro personale e alla promozione di interessi privati realizzato mediate l’abuso sistematico di funzioni pubbliche, professionali e scientifiche».

Le intercettazioni raccontano che il primario «faceva pressioni o vere e proprie minacce» alle aziende, per ricevere sempre più sponsorizzazioni. Oggi, Stagno d’Alcontres è in pensione, ma per il gip di Messina deve andare comunque ai domiciliari, considerata la sua «personalità prevaricatrice», la «irriducibile volontà criminosa (dimostrata dalla prosecuzione delle attività illecite nonostante la consapevolezzadelle indagini)» e la «rete criminale da lui gestita». Parole pesanti.

Al rappresentante di un’altra azienda disse senza mezzi termini: «Mi auguro di potere contare sulla vostra opera al congresso». E quando la ditta si fece avanti con una sponsorizzazione di mille euro, il primario andò su tutte le furie: «Quando questa viene non gli ordino più niente. Per un anno non entrerà più da me. Stop, chiuso definitivamente… cioè gli ho ordinato di tutto e di più e mi viene a rompere i coglioni? Mille euro? Ma siete dei pidocchiosi». Le richieste di d’Alcontres erano continue: «Ho introdotto io il vostro apparecchio… mi dovete dare una mano. Non ho mai chiesto nulla». E ricordava di avere «sempre chiuso le porte alla concorrenza». In tanti sapevano: «L’aspettativa del professore Stagno è molto più alta». E ancora: «Almeno a doppia cifra». Ma nessuno aveva mai denunciato. Un imprenditore, dopo tante pressioni, aveva infine ceduto: «È il massimo che in questo momento riesco a fare, ma non tanto per la partecipazione al congresso, quanto per venire incontro al professore».

Per il gip, c’è il concreto rischio che da libero inquini le prove. Come avrebbe fatto l’anno scorso, dopo l’incidente subito da un dipendente della “Caronte & Tourist”.

L’amministratore delegato della società, l’ingegnere Vincenzo Franza, chiamò il primario «non solo per la documentazione medica – scrive il giudice – ma soprattutto per esercitare pressioni e concordare una prognosi inferiore ai 40 giorni (preferibilmente 30), palesando un interesse aziendale sulla classificazione dell’infortunio». E il primario diede subito disposizioni alla sua collaboratrice. Quando poi i carabinieri gli chiesero la cartella, lui rifiutò di consegnarla dicendo che ancora era incompleta.