Graziella Campagna, Repici: suo assassinio causato da quell’abbraccio di Stato e di mafia
La vita di Graziella Campagna è il frutto malato di “quell'abbraccio mortale di Stato e di mafia. Quel mondo non è finito con l'uccisione di Graziella Campagna, si è rafforzato, è servito ad aggiustare processi, a creare impunità, a voglia quante ne sono state create proprio da quel gruppo di cui faceva parte Gerlando Huberti Junior”.
Sono state queste le parole di Fabio Repici, avvocato della famiglia Campagna durante il ricordo tenutosi oggi in Cattedrale. La vita di Graziella Campagnaviene spezzata dalla mafia il 12 dicembre 1985, a soli 17 anni. La sua è una storia tragica che rappresenta non solo la brutalità mafiosa, ma anche l’inefficienza delle istituzioni nel garantire giustizia in tempi adeguati: la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, che ha confermato l’ergastolo per i responsabili della sua morte, Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, è stata emessa il 18 marzo 2009, ben 22 anni dopo.
Piero Campagna, ostinato negli anni a cercare la verità sull’omicidio, abbraccia don Luigi Ciotti, al loro fianco l’avvocato della famiglia Fabio Repici, e poi ricostruisce emozioni e ferite legate alla perdita della sorella quel 12 dicembre 1985: “Per noi familiari quarant’anni equivalgono a un giorno. Il dolore rimane. Ce l’abbiamo tutti giorni dentro di noi. Di sicuro è una storia che lascia l’amaro in bocca. Il processo si è concluso ma non è stato completo. Chi copriva la latitanza dei due soggetti (gli assassini condannati all’ergastolo, n.d.r.) l’ha fatta franca, non ha avuto un processo. In realtà, l’interesse a uccidere Graziella era di chi copriva la latitanza. In 24 anni di processo la realtà ha superato la fantasia. È successo di tutto. Fu persino stoppato il film tv per non turbare la serenità dei magistrati. Ma noi sappiamo che i magistrati valutano sulla base degli atti processuali. E non di un film”.
“Graziella Campagna è stata ammazzata 40 anni fa, ma sul cadavere di Graziella Campagna si sono realizzate ulteriormente storie di potere di questa provincia, in una masseria 15 chilometri da qui, si incontravano magistrati e mafiosi latitanti insieme, cioè guardie e lari insieme” ha detto Repici; “e questo non ve lo dovete dimenticare, perché quando Graziella Campagna è stata trovata davanti alle mura di Forte Campone da suo fratello, non dai carabinieri, dai volontari, da suo fratello, dopo due giorni che era lì, abbandonata cadavere, era un cadavere che aveva sgorgato sangue vero, non purtroppo quello che possiamo applicarci in una rappresentazione”. Graziella “era una ragazza che viveva e che non c'era più. C'era una famiglia che da quel giorno fu distrutta realmente e la cui sofferenza non ci consente di lavarci la coscienza una volta l'anno ricordandone il nome. Ce lo dovremmo ricordare tutti i giorni cercando di non ignorare le storie e le pieghe anche scomode di quelle storie che alle volte riguardano pure amici nostri”. “È una catena di dolore quella che è cominciata con l'omicidio di Graziella Campagna, è proseguita con l'omicidio di Beppe Alfano, è proseguita con l'omicidio di Attilio Manca, è proseguita con la morte di Adolfo Parmaliana”.
Piero Campagna: “Sull’omicidio di Graziella troppe coperture ad alto livello e depistaggi”
“Una diciassettenne vittima innocente di mafia merita giustizia e verità. E la verità è un diritto. Noi familiari dobbiamo sapere cosa è accaduto. Se non ci fosse stato l’avvocato Fabio Repici, io avrei potuto portare tutte le prove ma il processo non ci sarebbe stato. Ed è stato uno contro tanti - ha detto Piero Campagna - Ci sono state troppe coperture ad alto livello. Si tratta di una storia amara perché viene difficile confrontarci con i ragazzi delle scuole. Ma i ragazzi devono conoscere la verità, che va spiegata. Perché devono conoscere come opera la mafia e di cosa si nutre. Se, a quel tempo, si fosse fatta nelle scuole l’educazione alla legalità, Graziella probabilmente sarebbe viva. Avrebbe saputo come agiva la mafia. Un camaleonte che si mimetizza e cattura la preda. Tutto poteva immaginare tranne che quella lavanderia sarebbe stata la sua condanna. Noi abbiamo vissuto 24 anni di processi, con depistaggi, e fa molto male, complicità e connivenze. E verità emerse a distanza di dodici anni”.
La storia di Graziella Campagna, ma anche quella della sua famiglia, è una storia triste. Oltre al dolore di aver perso la ragazza si aggiunge anche quello delle continue ingiustizie subite dai famigliari e dai loro difensori. I depistaggi, i tentativi di scarcerazione degli assassini, le delegittimazioni, le querele per diffamazione e infine gli insulti. Graziella e i suoi cari non si meritavano questo, come i tantissimi altri familiari di vittime di mafia.