24 Ottobre 2025 Giudiziaria

L’indagine di De Lucia e Carchietti – Svolta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, un ex poliziotto agli arresti: «Fece sparire il guanto del killer e depistò le indagini»

A 45 anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella, con le indagini riaperte per provare a dare nomi e cognomi agli assassini, la Procura di Palermo accusa un ex poliziotto di depistaggio. Per il procuratore antimafia Maurizio De Lucia e i sostituti Antonio Carchietti e Francesca Dessì, l’allora funzionario della Squadra mobile (oggi in pensione) Filippo Piritore, ha «affermato il falso e taciuto quanto a sua conoscenza» a proposito di una prova sparita: il guanto abbandonato dal killer sull’auto usata per l’agguato al presidente della Regione siciliana, fratello dell’attuale capo dello Stato, assassinato a colpi di calibro 38 o 357 Magnum la mattina del 6 gennaio 1980.

Un reperto definito «importantissimo», che il ministro dell’Interno dell’epoca Virginio Rognoni, chiamato a riferire in Parlamento due giorni dopo il delitto, indicò come «unico oggetto che potrebbe appartenere ai criminali». Da trattare quindi con estrema cura e perizia, alla ricerca di tracce che potessero far risalire ai sicari.

Invece andò perduto. Anzi, fu fatto appositamente sparire per ostacolare le indagini nel 1980 e continuare a inquinarle oggi, sostengono i pubblici ministeri. La Dia ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Piritore. Sentito dai pm sul guanto secondo i magistrati «ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro»

Secondo gli accertamenti svolti negli ultimi anni, a seguito della riapertura dell’inchiesta che risale al 2017, quel guanto di pelle marrone passò dalle mani dell’ex poliziotto che il giorno dell’omicidio era in servizio e si recò sul posto dove, un’ora dopo l’omicidio, fu ritrovata la Fiat 127 rubata utilizzata e abbandonata dagli assassini di Mattarella.

Lì dentro, davanti al sedile anteriore destro, c’era il guanto che secondo alcuni atti sottoscritti proprio da Piritore sarebbe stato preso e affidato (attraverso un altro funzionario della Mobile) a una guardia in servizio presso la polizia scientifica, Giuseppe Di Natale, affinché lo consegnasse al pubblico ministero di turno titolare dell’indagine, Pietro Grasso.

Ma sia Di Natale che Grasso hanno negato che ciò sia mai successo.

Supportati anche dalla logica: Di Natale era un dattiloscopista sempre chiuso in laboratorio, che non ha mai incontrato il magistrato in vita sua; e non avrebbe avuto molto senso recapitare il guanto al pm che semmai avrebbe dovuto affidarlo lui stesso alla Scientifica per svolgere analisi e accertamenti. Inoltre di tutti questi eventuali passaggi (repertazione e sequestro del guanto, con relative consegne al poliziotto o al magistrato) non risulta alcun atto formale. Dagli archivi della questura sono saltati fuori solo la relazione e l’appunto in cui Piritore attestò questa inusuale, anomala (e secondo i presunti destinatari mai avvenuta) consegna.

Negli interrogatori resi in Procura, Di Natale ha detto che conosceva Piritore solo di nome e che da lui non ricevette alcun reperto o disposizione; Grasso ha spiegato non solo di non aver mai ricevuto il guanto, ma neppure di averne avuto notizia dalla polizia, né di aver mai chiesto che gli fosse recapitato «non essendovi alcuna ragione investigativa perché ciò accadesse».

Per contro, Piritore ha confermato la versione da lui annotata nei documenti dell’epoca ripescati, aggiungendo che Grasso ordinò di riconsegnare il guanto alla Scientifica perché svolgesse gli esami dovuti; lo stesso ex poliziotto oggi sotto accusa lo avrebbe poi affida a un collega – tale «Lauricella», che però non è stato identificato – come risulterebbe, a suo dire, da un’altra relazione che non si trova più.

Tutte affermazioni che la Procura ritiene «certamente e incontrovertibilmente false». Motivate da un depistaggio ben orchestrato quasi in contemporanea con il delitto Mattarella e che continuerebbe ancora oggi: «A ben guardare – accusano i pm – il falso recapito al magistrato titolare delle indagini, attraverso un soggetto quasi sconosciuto ed estraneo ai circuiti investigativi (Di Natale), si è rivelato il modo ingannevole consono, forse l’unico, per la definitiva dispersione del reperto senza suscitare interrogativi di sorta… In definitiva, il sistema adottato generò una stasi investigativa a causa della quale il guanto venne definitivamente dimenticato».

Almeno finché la nuova inchiesta ha riacceso i fari sull’indizio mancante, e su un’indagine che 45 anni fa fu «gravemente inquinata e compromessa dall’opera di appartenenti alle istituzioni, all’evidente fine di impedire l’identificazione degli autori dell’omicidio del presidente Mattarella».

Ancora oggi sconosciuti, anche grazie al guanto sparito.

Chi è 

Filippo Piritore, 75 anni, di Agrigento, posto ai domiciliari con l’accusa di depistaggio nell’inchiesta per l’omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, ha percorso tutta la sua carriera professionale nella polizia di Stato terminando come prefetto di Isernia prima di andare in pensione.

E’ entrato nell’amministrazione dell’Interno a fine anni '70 lavorando nelle questure di Palermo e Ragusa. Dal 1985 al 2000 è stato trasferito alla questura di Roma, dov'è stato a capo dei commissariati di Pubblica sicurezza Esposizione, Prati e Trevi. Nel 2001 è stato nominato dirigente superiore dal dipartimento di pubblica sicurezza, e sempre in quell'anno da questore è assegnato a Macerata. E’ poi stato questore a Caltanissetta e quindi a L’Aquila, anche nel 2009 l’anno del terremoto, per poi andare a ricoprire l’incarico a Genova nel gennaio 2010. Nel 2011 ha lasciato Genova ed è stato posto in disponibilità con incarico del dirigente generale di pubblica sicurezza e a dicembre è stato nominato prefetto a Isernia.