10 Novembre 2025 Sport Cultura Spettacolo

No Ponte, Sì party il 29 a Messina. I Comitati No-ponte di Messina e Villa San Giovanni annunciano una nuova grande manifestazione nazionale

Al primo soggetto «terzo» che ha messo gli occhi sulle carte del Ponte sullo Stretto di Messina sono arrivati i problemi! Il mancato visto di legittimità della Corte dei conti alla delibera CIPESS n. 41/2025, che ha dato il via libera all’opera, ha fatto saltare i nervi alla maggioranza di governo che, con voce pressoché unanime, si è lanciata in un attacco contro la magistratura contabile responsabile solo di aver fatto il proprio lavoro.

UNA REAZIONE SCOMPOSTA del Governo che ha parlato di ennesima ingerenza della magistratura, tirando in ballo la separazione delle carriere e avviando così la campagna per il referendum costituzionale che si svolgerà l’anno prossimo. Si è aperto un vero e proprio conflitto tra l’esecutivo e chi è chiamato dalla Costituzione a controllare la sostenibilità economica degli atti nell’interesse di tutti i cittadini: almeno di quei cittadini che, nonostante i condoni e le strizzatine d’occhio agli evasori, continuano a pagare le tasse e sono quindi interessati a non vedere sperperati i propri soldi in un’opera che non sta in piedi dal punto di vista progettuale, ambientale, economico e procedurale.

IN REALTÀ, LA DECISIONE DELLA CORTE non ha fatto altro che confermare le gravi criticità che da tempo erano state segnalate da più parti e che sono sempre state ignorate o liquidate in maniera superficiale dal Governo e dalla Stretto di Messina SpA.

NELLE SCORSE SETTIMANE GREENPEACE, Legambiente, Lipu e Wwf Italia avevano presentato alla Corte dei conti due dettagliate memorie in cui si elencavano le molteplici irregolarità del progetto: dalla violazione delle normative europee e nazionali in materia ambientale all’insostenibilità economica dell’opera, fino alle criticità procedurali che hanno caratterizzato l’iter autorizzativo.

I MAGISTRATI CONTABILI non hanno potuto fare a meno di rilevare lacune fondamentali nelle coperture economiche, nelle stime di traffico, nel rispetto delle leggi su ambiente e rischio sismico, nonché delle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale del progetto senza una nuova gara d’appalto.

DA QUANDO SI È DECISO DI RESUSCITARE il Ponte, infatti, l’intero iter seguito dal Governo Meloni è stato caratterizzato da continue forzature che non sono mai state risolte, ma che anzi si è tentato di superare con ulteriori forzature. Il risultato è un «mostro» giuridico con pesanti elementi di anticostituzionalità approvato a colpi di voti di fiducia per aggirare la discussione e il confronto in Parlamento.

NELLA MEMORIA PRESENTATA a metà settembre alla Corte le quattro associazioni ambientaliste, che seguono il progetto ormai da decenni mantenendo una posizione critica e coerente, oltre ai vizi istruttori relativi alla procedura di Valutazione di impatto ambientale e alla Valutazione di incidenza ambientale in violazione delle direttive comunitarie, incredibilmente sottovalutati dalla Commissione Via-Vas del Ministero dell’Ambiente, avevano contestato l’utilizzo strumentale dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (Iropi) attraverso la ridicola forzatura di definire il Ponte un’opera militare al solo fine di aggirare i vincoli ambientali.

ANCORA PIÙ GRAVE È POI L’INCERTEZZA sui costi reali dell’opera. La relazione costi-benefici presentata dal Governo ha cercato di giustificare gli investimenti a totale capitale pubblico sulla base di calcoli del tutto irrealistici di incremento del Pil e di fantasiosi flussi di traffico. Ad oggi per il Ponte sono stati stanziati 13,5 miliardi di euro, destinati sicuramente a lievitare come sempre accade per le grandi opere in Italia: un vero e proprio pozzo senza fondo che dal 1971, anno della prima norma che prevede la realizzazione di un «collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il Continente», continua a bruciare denaro della collettività. Uno spreco insostenibile di risorse pubbliche che potrebbero essere impiegate per le reali esigenze – anche infrastrutturali – del Sud e dell’intero Paese.

MA NON BASTA! Nonostante quanto affermato dai proponenti attraverso il megafono di una larga parte della stampa poca incline a leggersi le carte nel dettaglio, l’opera presenta carenze progettuali ancora irrisolte: mancano studi sismici fondamentali, non sono stati completati test di tenuta essenziali e troppe decisioni vengono rinviate al progetto esecutivo. E, come evidenziato dalla Corte dei conti, mancano il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sul progetto definitivo e quello dell’Autorità dei Trasporti sul piano tariffario.

COME SI È RICORDATO, si tratta di questioni che erano già state ampiamente denunciate e che sono oggetto di ben due ricorsi amministrativi (con un terzo in arrivo) e tre reclami alla Commissione Europea, tuttora pendenti. Azioni portate avanti dalle associazioni ambientaliste a cui si aggiungono quelle promosse dagli enti locali, preoccupati per l’enorme impatto dell’opera su un territorio che, almeno sulla carta, è protetto a livello nazionale ed europeo.

IL GOVERNO, PUR ACCUSANDO IL COLPO, non sembra avere alcun ripensamento e ha annunciato l’intenzione di procedere comunque: una scelta che espone chi la prenderà ad una diretta responsabilità erariale e che apre ulteriori fronti di contenzioso a tutti i livelli, compreso quello della Corte di Giustizia Europea per la violazione delle norme comunitarie in materia di tutela ambientale, concorrenza e corretta gestione delle risorse pubbliche.

NEL FRATTEMPO, NON SI FERMA la mobilitazione sui territori. Per sabato 29 novembre comitati No-ponte di Messina e Villa San Giovanni e associazioni annunciano una nuova grande manifestazione nazionale a Messina a cui stanno aderendo forze politiche e sindacali, organizzazioni e realtà dell’area dello Stretto che da sempre contrastano, in maniera pacifica e non violenta, un progetto che viene presentato come la soluzione di tutti i problemi della Sicilia e della Calabria e persino dell’intero Meridione, ma che non affronta nessuna delle vere priorità di chi vive in questi luoghi.
*Responsabile Affari legali e istituzionali Wwf Italia