27 Novembre 2025 Giudiziaria

Il duplice omicidio Vecchio e Rovetta ammazzati 35 anni fa: chiesto rinvio a giudizio anche per il messinese Vincenzo Vinciullo

Per la procura generale di Catania a ordinare l'omicidio degli imprenditori Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio, avvenuto il 31 ottobre 1990, sarebbe stato Aldo Ercolano, figlio del defunto Pippo e nipote del padrino di Catania Santapaola. Il movente? I manager delle Acciaierie Megara avrebbero rifiutato di pagare il pizzo alla mafia. L'uomo d'onore di Cosa nostra, detenuto per mafia e diversi delitti, compreso quello del giornalista Pippo Fava, è ritenuto «l'ideatore e l’organizzatore», in concorso con persone rimaste ignote, dell’agguato mafioso. Il provvedimento è firmato dal procuratore generale Carmelo Zuccaro e dai sostituti pg Nicolò Marino e Giovannella Scaminaci e si basa su indagini del nucleo di Polizia giudiziaria interforze della Pg e della Dia di Catania. Ercolano avrebbe agito «con premeditazione» e con «le aggravanti dei motivi abietti e futili, per garantire il predomino nel territorio catanese e i vantaggi economici alla famiglia catanese di Cosa Nostra, ma anche di assicurarsi il profitto dell’estorsione alle Acciaierie Megara che poi è partita da gennaio 1991».

La Procura generale ha chiesto il processo per altri quattro imputati accusati di estorsione aggravata e dall’aver favorito Cosa nostra, reati contestati anche ad Aldo Ercolano. Sono Vincenzo Vinciullo, Antonio Alfio Motta, Francesco Tusa e Leonardo Greco. L’accusa delinea anche il ruolo che ciascun imputato avrebbe avuto: Aldo Ercolano, con il padre, il capomafia defunto 'Pippo', avrebbe avuto il ruolo di mandante della tangente mafiosa, Greco, invece, di organizzatore, Tusa e Motta di "esattori" e Vinciullo di "negoziatore". Dalle ricostruzioni della procura l’estorsione sarebbe stata commessa in concorso con esponenti di spicco di Cosa nostra, tutti deceduti: Bernardo Provenzano, Pippo Ercolano, Nicolò Greco, Lucio Tusa e Luigi Ilardo (l'infiltrato Grande Oriente, ammazzato nel 1993 dai vertici del clan Santapaola). Inoltre, secondo la procura generale, i vertici di Alfa Acciai di Brescia, indicati anche come parti offese nella richiesta di rinvio a giudizio, sarebbero stati costretti a versare dal 1991 in più tranche la somma di un miliardo delle vecchie lire da corrispondere alle famiglie di Cosa nostra di Catania, Caltanissetta e Palermo.

La richiesta di rinvio a giudizio è arrivata al gip di Catania che ora dovrà fissare l'udienza preliminare. Finalmente dopo 35 anni ci sarà un processo.