I Malavoglia al Teatro Vittorio Emanuele. Il celebre romanzo di Giovanni Verga rivive nell’adattamento del Teatro dei Naviganti
Di Tonino Cafeo. Prosegue il viaggio nella letteratura siciliana voluto dall’EAR Vittorio Emanuele per la stagione 2025- 26. Sul palco del teatro messinese per tre repliche, fino al 19 dicembre, è stata la volta dei Malavoglia. Un adattamento di Maria Pia Rizzo e Domenico Cucinotta del romanzo di Giovanni Verga per la regia di Domenico Cucinotta. In scena, Orazio Berenato, Marina Cacciola, Mariaelide Colicchia, Mariapia Rizzo e Davide Colnaghi. Il grande classico verista, che fa parte del canone scolastico italiano accanto ai Promessi Sposi e a poche altre opere indiscutibili, rivive così in una forma asciutta e suggestiva che mette a fuoco i passaggi salienti della narrazione senza eccessivi sacrifici di trama e mantenendo intatte le grandi domande che Giovanni Verga affida alla sua opera letteraria.
I Malavoglia sono un romanzo corale fin dalle prime battute, in cui la storia di una famiglia patriarcale siciliana alle prese con la crisi della società tradizionale- siamo nella seconda metà del XIX secolo – viene calata in un preciso contesto sociale e geografico- il paese di Aci Trezza e l’ambiente dei pescatori- e affidata alla voxpopuli della comunità attraverso una lingua resa viva dalla sintassi e dal lessico del siciliano, che esprime il punto di vista dominante in quel periodo storico. La coralità del racconto e la forza della lingua sono rese con grande precisione dagli scambi fra le attrici e gli attori che si alternano incarnando ora i personaggi principali del romanzo, ora la coscienza collettiva della gente di Aci Trezza, con le sua saggezza ma anche con quelle punte di conformismo e cattiveria tipiche delle piccole comunità chiuse. Una menzione a parte merita Davide Colnaghi a cui è affidato il ruolo di Ntoni Malavoglia – il primo nipote del vecchio patriarca padron Ntoni e pecora nera della famiglia- che è anche voce narrante della vicenda e contrappunto “solista” rispetto al resto del gruppo.
Aci Trezza, la Casa del Nespolo, i faraglioni, il mar Jonio che distribuisce vita e morte, sono resi da una scenografia e da movimenti scenici essenziali, ben distanti da ogni tentazione naturalista, al servizio di una parola che parte da un luogo e un tempo precisi per lasciare al pubblico del nostro tempo di che riflettere su questioni ancora attuali e universali: il peso dei legami sociali, la lotta contro la povertà e per la dignità umana, il conflitto fra individuo e società. Per Giovanni Verga lo scontro fra le leggi ferree della vecchia società e quelle dell’economia capitalista, altrettanto rigide e severe, ha uno sviluppo e una conclusione precisi, con nessun vero vincitore e molti vinti: le aspirazioni individuali dei personaggi sono destinate a soccombere e non si può fare altro che tornare alle antiche radici, come gli ultimi due Malavoglia che ricomprano la casa della famiglia e tornano a viverci. Più sfumate le conclusioni a teatro. I drammi umani non cancellano lo sfondo di una Sicilia lirica e incantata, come affermano le note di regia, “splendente nel suo essere madre dolce e terribile allo stesso tempo.”